domenica, settembre 30, 2007

Perchè negare l'evidenza scientifica?


Desidero sottoporvi una questione da me sempre avvertita come minacciosa: quella di contrapporre ad argomentazioni scientifiche consolidate, teorie fumogene pseudoscientifiche che mirano solo a negare o annacquare le teorie oggi accettate dalla comunità scientifica, per definizione “sempre in evoluzione”.
Gli esempi di queste azioni di disturbo, sono numerosi: dal negare che i mutamenti climatici attuali sono causati soprattutto all’azione dell’uomo al sostenere che la ricerca scientifica “relativista” sia un pericolo per l’umanità. Aspettiamoci in futuro tesi negazioniste sul teorema di Pitagora o sull’attendibilità delle “tabelline”.
L’esempio però più eclatante e allarmante di questa moda pilotata, resta l’attacco frontale e planetario alla teoria evoluzionista di Darwin. Questa teoria, già modificata e perfezionata con l’ausilo di moderne tecnologie, ma integra nella sua valenza e significato, ha avuto conferme indiscusse anche nelle moderne scienze biomolecolari e genetiche. Perché allora una pletora di pubblicazioni pseudoscientifiche, politici, anchorman televisivi compiacenti di qui e di là dell’oceano, sparacchiano a sale su una tesi solida quasi come quella gravitazionale di Newton?
Le ragioni ci sono, ma quello che voglio sottolineare è l’importanza di non sottovalutare mai questi tentativi anacronistici. Ogni laico di buon senso che usa il metodo scientifico per riconoscere ciò che è reale da quello che forse lo è, ha il dovere secondo me di respingere questi attacchi e di dimostrarne pacatamente l’inconsistenza.
I tentativi di oscurare nei programmi didattici scolastici la teoria darwiniana sono stati fatti e solo questo deve allarmare ogni persona di buon senso.
Vi invito spassionatamente alla lettura di un libricino illuminante su tutto quello che ho tentato di dire fino ad ora. Il titolo è “Creazione senza Dio” di Telmo Pievani, einaudi editori.
Qui sotto allego l’introduzione.
Speriamo bene…….

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Potremmo ignorare Darwin per i motivi più diversi. Potremmo ignorarlo perché non ci piace per niente l’idea di essere parenti stretti di scimpanzé e gorilla. Potremmo ignorarlo perché troviamo offensivo scalzare la specie umana dal suo piedistallo di regina della creazione. Potremmo ignorarlo perché preferiamo seguire le parole morbide e confortanti del testo sacro che ci hanno insegnato da bambini. Potremmo ignorarlo perché ci sembra abbia a che fare con idee sgradevoli come quelle di lotta, di competizione, di sopravvivenza del più forte, di sopraffazione. Potremmo ignoralo perchè temiamo che il giorno in cui sarà possibile accettare davvero le origini completamente materiali del nostro corpo e della nostra mente cadranno i fondamenti non soltanto della fede, ma anche della morale e della convivenza umana. Potremmo ignorarlo, infine, perché ci siamo fatto l’idea che sia diventato un’icona, che la sua teoria sia sbagliata o comunque superata, e che vada comunque sostituita con un’altra.
Potremmo, ma abbiamo un problema: a un secolo e mezzo dalla formulazione ufficiale della sua spiegazione evoluzionistica, ciascune di queste uscite di sicurezza, purtroppo o per fortuna, ci è preclusa.
L’aspetto difficile della sua rivoluzione è che non la puoi comprare a rate, non puoi scegliere soltanto i lati più consoni ai tuoi gusti. Il valore della diversità, il senso del cambiamento, la bellezza delle forme della vita, la loro imprevedibilità: affascinante, d’accordo ma non basta. Bisogna prendersi tutto il pacchetto, compresa la scoperta che la specie umana è un ramoscello alla periferia dell’impero della biodiversità terrestre e che le sue facoltà, comprese le più illustri, sono l’esito di un processo interamente naturale.
Nelle scuole medie italiane, prima del marzo 2004, i programmi delle lezioni di scienza indicavano di spiegare ai ragazzi ”le origini e l’ evoluzione biologica e culturale della specie umana”. Quella voce è stata cassata e non è mai stata più reintrodotta. Di origine dell’uomo, nella scuola dell’obbligo italiana di oggi, si può discutere semmai durante l’ora di religione. Negli Stati Uniti qualcuno desidera che nelle ore di scienza sia insegnata una presunta teoria alternativa a quella darwiniana, il cosiddetto “disegno intelligente”. Nulla di simile accade per altri programmi di ricerca scientifici altrettanto corroborati come la teoria della relatività o la meccanica quantistica. Segno che la posta in gioco è particolarmente delicata e che la questione darwiniana va ben oltre i campi di battaglia interni alla comunità di biologi. Darwin, quindi, proprio perché ineludibile, rappresenta una sfida che trascende largamente la sua figura storica di scienziato, i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue convinzioni filosofiche.
Il punto cruciale è ben sintetizzato da una parola sola: possibilità.
Darwin ci ha consegnato una possibilità radicale: quella di concepire le origini della specie umana in termini esclusivamente naturali e con gli strumenti della scienza, prescindendo completamente da cause trascendenti o finalistiche. E’ una possibilità, non una necessità. La sua teoria, nella versione aggiornata e integrata di oggi, non dimostra scientificamente l’inesistenza di alcun dio né impedisce a chiunque di continuare a confidare nella sacralità della natura, in una mente che tutto ha pensato, o di credere a ogni sorta di entità immateriale. Ma si tratta di una possibilità che fa da spartiacque nella storia del pensiero, perché queste ipotesi diventano per la prima volta inutili sul piano scientifico e potenzialmente superflue sul piano filosofico. E’ la possibilità laica del naturalismo: pensare la specie umana come un’innovazione storica nella famiglia dei primati, come il frutto di un’evoluzione biologica e culturale unica ma non trascendente, e proprio per questo capace di assumersi le proprie responsabilità e di darsi regole etiche e sociali di convivenza senza alcun bisogno di ricorrere a un fondamento sovrannaturale.
La possibilità del naturismo e di un’etica senza dio può quindi essere rivendicata in piena dignità e autonomia, fosse anche soltanto per amor di pluralismo. Eppure, nonostante la profusione di convincenti argomenti, essa è difficilmente riconosciuta come tale soprattutto in un paese come il nostro, dove le principali tradizioni culturali, quelle conservatrici, ma soprattutto, e tristemente, quelle progressiste, vivono ancora oggi un complesso di inferiorità e di sudditanza nei confronti dei saperi religiosi forti e della loro rocciosa base dogmatica. L’imbarazzo, se non le resistenze, che suscita la possibilità di una concezione pienamente laica del vivente e della natura umana è il motivo per cui non ci è dato di ignorare il lascito darwiniano. Dobbiamo anzi capire le motivazioni e le strategie dei suoi oppositori, verificare quale consistenza abbiano le spiegazioni “alternative” se messe a confronto con lo stato attuale delle conoscenze biologiche. Sarà un breve viaggio nelle bizzarrie del creazionismo di oggi e nel suo non molto intelligente disegno di spacciare per scienza ciò che scienza non può essere.

Telmo Pievani

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