mercoledì, ottobre 07, 2009

Un piccolo riassuntino per non perdere memoria

mercoledì, giugno 10, 2009

Davvero le televisioni non servono?????



Voglio conservare questo interessantissimo articolo di Marco Canestrali dove illustra dettaglatamente le tecniche persuasive e condizionanti della televisione.
Un' unica considerazione. C'è ancora gente intelligente in giro che sostiene che le televisioni non influenzino il voto politico.
Non lo fa direttamente ma crea un abitat socioculturale limitato in cui ti porta a votare quello che più si adatta a quel modello proposto o meglio imposto. Troppo difficile da capire??????
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Come Controllare le Masse

Come si possono controllare le masse nei sistemi moderni chiamati “democratici”, dove i cittadini possono esprimersi liberamente con il voto?

Molti sanno che la televisione influenza le persone, ma quanti sanno in che modo lo fa? Spesso sento dire “La televisione in Italia è spazzatura”, oppure “gli italiani sono dei superficiali”, ma cosa c’è dietro? Conosciamo il reale significato di ciò che ci viene proposto?

Ho notato la scarsissima conoscenza da parte della gente comune sulle specifiche tecniche di persuasione delle masse, voglio quindi lasciare il mio contributo con questo articolo, frutto di uno studio costante di più di dieci anni. Le fonti sono prevalentemente testi universitari più o meno comuni di Sociologia, Psicologia, Marketing e Statistica. Descriverò, in più post divisi per argomento, un sistema di tecniche volte a ottenere il controllo sulle masse e alla determinazione di un regime democratico. Laddove ci sia un regime più o meno totalitario in un sistema democratico si applicano le tecniche spiegate.

Vorrei precisare che queste tecniche non hanno nessuna connotazione ideologica, i principi di base sono infatti stati utilizzati da ogni tipo di regime dalle epoche più lontane ai giorni d’oggi, dal totalitarismo sovietico a quello della Germania nazionalsocialista, fino a trovare dinamiche simili in molte aziende attuali, o anche in gruppi settari religiosi.

“In un sistema totalitario, a differenza di quanto si può comunemente pensare, il potere non viene detenuto esclusivamente con la violenza, ma è frutto di una reciproca contrattazione tra il capo e le masse dominate.” - Gustav Le Bon

Nessun controllo delle masse è mai stato possibile senza un canale di comunicazione diffuso dal leader al gruppo, e nessun canale si presta meglio per manipolare i grandi gruppi come lo è quello televisivo, specialmente per periodi di tempo prolungati. Radio, giornali o la rete, sono impatto secondario sulla psiche delle masse.

Infatti, come scriveva lo psicologo francese Gustav Le Bon sul suo classico “Psicologia delle Folle”, il comportamento della massa è guidato dall'istinto e dall'emotività piuttosto che dalla logica e dalla ragione. La folla agisce sulla base dei sentimenti più primitivi, quelli che dal punto di vista dell'evoluzione costituiscono le prime tappe dello sviluppo dell'umanità, come la paura, la rabbia, l’esaltazione, l’appartenenza ad un gruppo, istinti molto semplici da controllare e manipolare, mentre in questi raggruppamenti ciò che va smarrita è la più grande conquista degli uomini moderni, ovvero la razionalità e l'uso delle superiori capacità intellettive.



A) PROPORRE MODELLI DI PENSIERO IMPULSIVI E SUPERFICIALIPer favorire quindi le dinamiche primitive delle masse e poterle controllare, è indispensabile proporre e stimolare il più possibile, modelli di pensiero elementari e impulsivi, come quelli che vediamo nelle risse in TV, discussioni superficiali con ospiti illustri e coinvolti, spesso con grida e crisi isteriche, schiaffeggiamenti minacce e pianti, dove tutti sono contro tutti nell’esprimere la parte più bassa dell’emotività umana, come la rabbia, l’aggressività, l’invidia, con i metodi del branco, della piazza o del linciaggio in diretta. Si cerca do proporre i più svariati programmi adattandoli secondo questi modelli dove è ben visibile la reazione emotiva immediata. Con il passare degli anni questi modelli vengono appresi come bagaglio di esperienza collettiva e diventano delle vere e proprie forme mentali accettate come “normali”.



LIMITARE INTELLIGENZA E ISTRUZIONE

Al contrario, la ragione e la riflessione, non deve essere presentata come “da accettare”, non va lasciato spazio all’intelletto in tv e non deve passare come associato a figure “buone” o “da seguire”. L’intelletto individuale infatti è impossibile da manipolare, è per questo che in tutti i sistemi totalitari lo sviluppo dell’istruzione pubblica è trascurato o controllato abbassando il livello intellettivo e culturale del paese.



B) IL PUNTO CENTRALE: IL CONTROLLO DELLE TELEVISIONI

Negate a una persona l'informazione necessaria per dare un giudizio obiettivo e sarà incapace di farlo. Il cervello umano è in grado di scegliere solo fra ciò che conosce, quindi il controllo su larga scala all’accesso delle informazioni critiche di cui si ha bisogno per valutare una situazione significa il controllo dei processi mentali delle masse. Per ottenere il consenso della massa si deve avere un controllo diretto o indiretto su una parte dei canali di comunicazione, soprattutto televisivi.

La televisione, se fatta ad arte, provoca piacere e interesse, cattura l’attenzione e ci distrae dalla routine della nostra vita, specialmente quando le nostre vite reali sono monotone, vuote, prive di significato, alienanti o stressanti. Ci propone sempre degli argomenti pieni di attrattiva, dal pettegolezzo alla rissa in tv alla partita di calcio, alla tragedia in diretta con sofferenze e pianti in prime-time. Facilmente questo piacere può produrre dipendenza e voglia di tornare ad accenderla, si incentivano, infatti, le serie, le telenovelas i reality, i telefilm o qualsiasi programma a puntate, in maniera da assicurare che lo spettatore abbia voglia di tornare a vederla il giorno successivo.



LA TELEVISIONE NON IMPONE: CIRCOSCRIVE IL CAMPO DELLE SCELTE

Ricordiamoci che il cervello sceglie fra ciò che conosce, e la massa conosce prevalentemente tramite la televisione, con i suoi modi e tempi.

La TV non forzerà mai nessuno direttamente a pensarla in una precisa maniera. L’immenso potere della televisione, alla lunga, è quello di determinare dei “modi di pensare” di base, lasciando l’illusione della scelta del singolo su “cosa pensare”. Come dicevamo prima può ad esempio lasciare sviluppare dei comportamenti istintivi e bloccare quelli intelligenti, Oppure fare sviluppare uno schema di vita piuttosto che un altro, agisce sempre alla base e mai nel particolare e la sua azione è tanto più efficace tanto più è prolungata negli anni.

La tecnica alla base è sempre quella: fra tutto l’arcobaleno delle cose vere, può decidere quali informazioni presentare. Questo significa che circoscrive ciò che la massa conosce, decide il cesto in cui ognuno sceglierà ciò che più gli piace. E lo presenta associato a immagini attraenti, piacevoli, desiderabili, elencandone minuziosamente tutti i lati positivi possibili. La realtà della massa si svilupperà poi autonomamente fra ciò che gli viene presentato. I sogni, le aspettative, i desideri, i modelli da imitare e in cui identificarsi, per cui vivere e soffrire, vengono scelti fra ciò che continuamente e senza sforzi conosciamo sempre meglio. Tutta la restante parte di realtà, viene allontanata come “sfigata, comunista, pessimista, disfattista”. Semplicemente non è costantemente nel campo di attenzione della massa, non ci sono pensieri e desideri costanti su di essa, e quindi alla lunga, smette di esistere nella psiche di massa. La TV può imporre quale è l’argomento, l’idea, il modello, lo schema più conosciuto e quale meno, a quali questioni dare più visibilità e discussioni e quale ignorare completamente, cosi determina quale è lo stile di vita più conosciuto dalla popolazione e quindi quello su cui si focalizza più desideri.

Nei sistemi totalitari che funzionano si devono promuovere tutti gli aspetti positivi dell’immagine individualista e forte, furba e determinata e magari anche un po’ aggressiva (come ad esempio possono essere le forze dell’ordine, un manager rampante o un ricco playboy), tralasciando in percentuali minori tutti gli altri aspetti positivi della vita. E’ Proprio in questo “costante declassamento in seconda pagina” di tutto ciò che di positivo esiste e che non è nel modo di vivere del regime, il nucleo della forza dei media.

Nell’arco degli anni, la massa si sente libera di decidere e pensare, senza sapere che tutto ciò che sceglie è all’interno del “campo” suggerito dalla TV, l’individuo si fa domande e prende decisioni, ma lo fa nei modi e nei tempi della TV, e lo fa su argomenti proposti dalla tv. Inizia così la manipolazione alla base…


Non ti può imporre a comprare uno specifico prodotto, agisce prima alla base della formazione delle scelte, per anni e anni può presentare a milioni di persone un modello di vita come ad esempio “guarda che bello essere ricchi, famosi e playboy”, stimolare fantasie e desideri personali, dove ognuno ha la sua preferenza, ognuno sceglie quale aspetto della ricchezza gli piace di più e quale meno, quale aspetto della forza e dell’individualità ecc.. sulla base dei propri desideri poi si dispiegheranno le aspettative e i sogno per il futuro e tutti i nostri coinvolgimenti emotivi. Ogni coinvolgimento emotivo della massa (che nasce dai nostri piaceri e modelli di base, dai nostri desideri, dalle nostre sicurezze) si struttura intorno ai modelli proposti dal regime e ci si lega indissolubilmente, li difende e si batte per essi, sentendosi aggredita se qualcuno esce fuori dal coro.

Si determina così uno scontro fra il coinvolgimento emotivo della massa, difeso con impulsività e il ragionamento dell’intelletto del singolo, lasciato senza fonti di informazione, nè conferme autorevoli, deriso e rifiutato, controllato e represso; e senza la possibilità di aggregarsi a chi la pensa come lui. Questo scontro è impari, perchè come sappiamo, il coinvolgimento emotivo è impermeabile alla ragione.

Dopo alcuni anni, quando un certo grado di persuasione di massa è stato raggiunto, e il modello è una parte del sentire comune, il gioco termina, perchè politicamente ci si riorganizza in maniera che all’interno di quel sentire comune non venga presentata al cittadino una scelta varia, anzi, magari un solo partito, oppure dei partiti diversi ma collegati fra di loro.Inoltre, si stimolano invidie e sensazioni di inadeguatezza a chi non si adegua al modello (estetico, politico, stile di vita, economico) accattivante, e si ignorano dal bombardamento mediatico tutti gli altri aspetti della vita non favorevoli economicamente o politicamente al regime che possono essere l’altruismo, la delicatezza, la sensibilità, la riflessione, l’intelligenza, l’arte, la profondità, l’oggettività, l’onestà, gli affetti, la cultura, ecc…

I bambini sono i primi a pagare le conseguenze della manipolazione, perchè emotivamente più deboli e vulnerabili. Al giorno d’oggi non è raro vedere ragazze molto giovani che hanno crisi psicologiche se non si rifanno seno o labbra per essere all’altezza del gruppo o bambine andare in giro seminude. Bambini che sentono pressioni degli amici se non si comprano l’ultimo modello di cellulare, con le uniche aspirazioni di vita di entrare in TV e diventare famosi come il cantante di Amici o del Grande Fratello. Le generazioni a venire andranno perdendo sensibilità e purezza.



ISOLARE E TENERE DIVISI

Si cerca di limitare tutti gli altri modi di espressione collettiva privi di controllo, come ad esempio le manifestazioni pubbliche, gli scioperi, le attività sindacali e qualsiasi diffusione di massa che possa divenire un riferimento diverso da quello del regime. In maniera che qualsiasi idea diversa da quella del leader non possa essere diffusa e condivisa, e ogni idea rimanga solamente una questione di gusto personale: le idee del leader arrivano a tutti, mentre quelle di tutti gli altri individui rimangono isolate.

Se vogliamo avere vita facile nel gruppo, la libertà che abbiamo, è solo quella di comportarci a piacimento all’interno dello schema preconfezionato. Ma ma non quella di diffondere le proprie idee a livello di massa.



LE FONTI NON SONO CERTE

In ogni processo decisionale, quando ci andiamo formando un’idea, le informazioni di cui abbiamo bisogno derivano in gran parte da fonti indirette (giornalisti, tv, statistiche, scienziati, esperti, politici). Cosa succede quando le fonti autorevoli sono controllate?

Quando il singolo si vuole domandare qualcosa che va fuori dal campo proposto dal regime, nel suo ragionamento e nel suo processo per arrivare ad una conclusione, viene a mancare qualsiasi fonte di conferma o di prova a sostegno della sua tesi, così ogni idea che vorrebbe nascere diversa da quella del modello imposto dal leader, cresce piena di dubbi e senza nessun riferimento accertato, nessuna riprova sociale, nessuna conferma autorevolmente accettata. L’individuo rimane completamente isolato nel suo processo decisionale, senza fonti né conferme, e non potendo andarsi a cercare le fonti da solo porta a porta, spesso rinuncia ad arrivare ad una conclusione. In questo limbo di confusione e smarrimento, senza appigli reali, è molto più facile distrarsi e occuparsi di cose meno stressanti con discussioni futili. Ci si rifugia superficialmente nelle idee accettate da tutto il gruppo, ma senza dargli troppo peso, alle idee espresse a gran voce da chi è più esperto e convinto, e soprattutto da chi ha più Autorità per farlo. Visto che le autorità possono esistere solo all’interno del regime, si promuove al massimo l’importanza e il valore dell’ “autorità” senza limiti, enfatizzando la sua utilità, e le nefaste conseguenze di un mondo senza autorità. Il Modello di vita accettato deve essere quello dove è normale seguire e affidarsi alle autorità a scapito dell’intelligenza individuale,e dove è repressa fortemente la disubbidienza alle regole.

Questa è la base per acquisire le percentuali di consenso delle masse: L’intelletto individuale viene messo in letargo e la vita diventa tutta un sentito dire comune.

Le informazioni e le prove sfavorevoli a quelle del leader (o delle autorità del regime) vengono a mancare alla massa, per ottenerle ogni singolo dovrebbe impegnarsi in ricerche personali e approfondimenti in rete o nei canali rimasti semi-liberi, questo dovrebbe farlo per ogni singola notizia, discernendo con intelligenza e abilità gli slogan di regime dalle notizie e fonti libere, sempre nel pericolo di essere ridicolizzato e accusato di essere “paranoico, comunista, guerrigliero, pessimista” ecc…

Ricordiamoci che stiamo parlando sempre di dinamiche della massa, perché è la massa che poi determina le percentuali di consensi e di voto, quindi la “massa” non può mai arrivare a trovare notizie libere, perché tali fonti non sono immediate e non possono essere accettate in maniera passiva da tutti indistintamente come per quelle propinate in TV, invece il lavoro di indagine alla ricerca della verità richiede tempo, energia, impegno, conoscenze e intelligenze non proprie della “massa”, non è un processo insomma che può essere fatto da tutti, né da una maggioranza. La maggioranza torna a casa stanca dal lavoro e si mette a guardare la TV per avere un momento di relax, non ha tempo ne voglia da passare alla faticosa ricerca delle fonti pulite di informazione, per ogni singola notizia fra le tante che riceviamo al giorno. I Giovani che hanno voglia di guardare programmi piacevoli e di intrattenimento e discutere di altri argomenti più interessanti non vengono guidati da riferimenti educativi diversi da quelli della propaganda. E anche avendone la voglia e il tempo, la gran parte non ne avrebbe la conoscenza, l’intelligenza e l’istruzione per farlo.

Nessun paese è composto al 100% da geni, colti, e con molta energia a disposizione e tempo libero, anzi, come abbiamo visto all’inizio il regime vuole favorire la mancanza di cultura, istruzione e intelligenza, crea le condizioni per cui il tempo libero sia limitato così la folla possa ricevere passivamente le informazioni.

Insomma la ricerca di informazioni libere richiede sempre più sforzo, tempo e capacità, viene sempre più frenata, mentre le informazioni impacchettate dalla tv non richiedono sforzi, vengono anzi piacevolmente diffuse.

La massa e la folla, non agisce verso ciò che è faticoso, sgradevole e “non bene accettato da tutti”. Il consenso della massa quindi sarà sempre verso i media.



PROMUOVERE LA CONFUSIONE: ESISTE SOLO IL GUSTO PERSONALE



Le idee libere dei cittadini non hanno possibilità di essere conosciute, trovate, né di aggregarsi e di diffondersi, non possono cioè ottenere consensi e quindi produrre dei cambiamenti. Di fronte alla mancanza di libertà Si verificano reazioni di alienazione, frustrazione e stress, fino alla rassegnazione e la passività. In questa situazione di stasi e si prende atto della propria impotenza e ognuno arriva spesso a sfogarsi incolpando “gli altri” di essere pecoroni e superficiali, non vedendo la causa della mancanza di libertà nel sistema di indottrinamento delle masse.

Nel caos della frammentazione individuale, dove ogni cittadino è separato dall’altro, nessuna rivoluzione è possibile e nella realtà si crea la situazione che vediamo in TV del “tutti contro tutti”.



SIAMO IN DEMOCRAZIA, SEI TU L’ANOMALIA Ogni singolo individuo anche se sente l’ingiustizia e la mancanza di libertà, accetta tutto ciò senza troppe reazioni perché “la maggioranza dei cittadini è a favore del leader”, come la propaganda vuole fare credere dalle interviste che vediamo nei notiziari o dalla mancanza di reazioni di rivolta del popolo, e quindi, in una certa maniera ci sentiamo rassicurati dal fatto che il sistema è democratico e non tirannico. Se noi sentiamo “L’Ingiustizia”, il nostro sentire viene riletto e diffuso alla massa come nostra “sensazione personale”, magari associato alla parola “comunista, paranoico o pessimista”.

Chi riesce a capire l’ingiustizia e la mancanza di libertà del regime è fatto sentire “strano” e tutti gli altri sono “normali”. In questa maniera, anche quando c’è una maggioranza di persone che vede l’ingiustizia, tende a ribellarsi poco, e non in pubblico.

Se vediamo La mancanza di libertà, questa viene fatta passare come “gusto e preferenza soggettiva”, ogni nostro pensiero viene declassato a livello di chiacchiera da salotto, magari finendo sul battibecco personale. Nessun idea o pensiero del singolo ha l’autorità, l’influenza, l’impatto e la possibilità di diffusione di quelle del leader sulle masse. Ma tutto ciò non ci spaventa perché alla fine, pensiamo, c’è la democrazia. Pensiamo “E’ ingiusto, ma se è quello che tutti vogliono il pericolo di essere in un regime non c’è”. Di fatto non vige la democrazia dell’individuo ma la democrazia delle Masse, che ha reazioni, intelligenze e sensibilità ben diverse. E a differenza di quella individuale, può essere facilmente manipolata.

I bambini e le nuove generazioni, spinti dal divertimento e pronti ad assorbire come spugne, che vanno formando la loro personalità si trovano così, con mille dubbi e nessuna certezza, di fronte ad un’assenza di riferimenti educativi, ma soltanto modelli imposti dalla volontà del leader, spesso spinto dal massimo guadagno economico e politico. Nel corso del tempo si va formando il “senso comune” che il regime aveva seminato.



NON SERVE IL CONSENSO UNANIME SE L’OPPOSIZIONE E’ DIVISA

Per ottenere il potere in un sistema partitico non è necessario un consenso del 100% della popolazione, al contrario anche un’opera di convinzione decennale verso la massa di proporzioni del 10% o 20% può determinare l’ascesa al potere di una fazione politica o l’altra. Più è accentuata la frammentazione e l’isolamento descritto in precedenza e più potere acquisisce il leader che controlla i media. Per capirci, se ad esempio siamo 100 cittadini, 60 hanno voglia di partecipare alla decisione. Di questi 60, 13 danno il consenso ai media. Quei 13 andranno al potere se tutte le altre persone sono divise in gruppi di 3 o 4. Più sono divisi i gruppi, secondo particolari, cavilli e preferenze personali e meno ci sarà una rivolta al regime.

I cittadini in quanto individui, come abbiamo detto, non avendo canali di comunicazione e diffusione di massa per diffondere le proprie idee, non possono sviluppare un “senso comune” di opposizione al regime.



PROMOZIONE DELLE FORZE DELL’ORDINE

Più lo stato è accentrato, e meno significato politico viene dato alle minoranze e hai contraddittori. Si propone ad esempio che votino solo i Capigruppo, oppure si spinge verso sistemi elettorali fortemente maggioritari, e dove le minoranze abbiano degli sbarramenti e la loro crescita diventi impossibile.

In ogni regime totalitario la progressione dell’accentramento e della forza vanno di pari passo con il consolidamento del sistema delle forze dell’ordine. Da un lato si stimola la rabbia e l’istintività che viene guidata facilmente (dalla paura e dal circoscrivere i desideri e le aspirazioni della massa), dall’altro si aumenta il controllo e la repressione per evitare sul nascere qualsiasi ceppo di rivolta o di voce fuori dal coro. Più le forze dell’ordine sono presenti (sia sul territorio che nei media) e più la massa evita di promuovere modelli che vanno fuori dalle regole e dalle leggi del regime.



PRETESTI MOTIVANTI

Ogni azione del leader, in un regime democratico, è sempre accompagnata da una motivazione accettata dalla massa e espressa chiaramente insieme all’azione. Ogni leader ha ben chiaro il ventaglio di procedure vantaggiose per acquisire potere politico ed economico, quelle di base variano poco, altre mutano a secondo delle circostanze, delle alleanze e dei propri interessi economici.

Il capo del regime attende di volta in volta l’occasione adatta per poter motivare una delle sue molteplici azioni vantaggiose secondo la richiesta attuale delle masse. Se il controllo dei media è forte, si può creare su misura una richiesta della massa, con un bombardamento mediatico preparato in precedenza.

Per riassumere, in democrazia, le azioni del leader (che portano sempre vantaggio al suo partito o alla sua azienda), sono sempre scelte fra le infinite necessità VERE dei cittadini.

Da sempre, le reazioni nelle dinamiche di massa più forti e semplici da manipolare, sono state quelle spinte dalla paura: Una minaccia per la sicurezza, come ad esempio il terrorismo, la povertà, la criminalità, gli stupri, la guerra, o spesso anche minacce a delle sicurezze ideologiche dove il gruppo si identifica, che siano politiche o religiose, minacce come il “comunismo” o “l’islamismo”.

Viene stimolata la paura e quindi la richiesta urgente di uno stato più forte e governabile che possa proteggere e risolvere in maniera sicura e rapida le necessità del gruppo.



NON DARE L’IMPRESSIONE DI ESSERE IN UN REGIMEVa precisato, che la persuasione più efficiente è quella indiretta, dove lo spettatore non sente di ricevere imposizioni né restrizioni alla libertà. Se ad esempio abbiamo il controllo tutte le televisioni e vogliamo ottenere più consenso possibile verso un determinato modello di pensiero, la strategia migliore NON è quella di bombardare sempre e comunque quel modello senza opposizioni né alternative. Se lo spettatore nota la mancanza delle altre voci acquisisce sospetto e resistenza verso qualcosa che può sentire come mancanza di libertà e imposizione, e viene danneggiato il consenso. E’ più vantaggioso proporre magari un 80% di opinioni (tesi, canali, interviste, discussioni, ospiti) a favore e un 20% contrario, cosi, alla lunga la massa viene coinvolta nel modello di pensiero proposto senza acquisire resistenza. E spesso è molto utile lasciare completamente libere dal controllo del regime quelle pochissime voci diametralmente contrarie al modello che vogliamo inculcare, quelle cosi estreme che esprimono da sole e in libertà, motivazioni superficiali, contraddittorie, esagitate, irrazionali o evidentemente di parte, con ospiti poco preparati o superficiali. Così lo spettatore può farsi da solo gli anticorpi per fronteggiare alla base le tesi nemiche. Poi ci sono dei tempi da rispettare, il messaggio risolutivo di forza del leader non viene mai se prima non c’è stato un adeguato periodo si tempo in cui si è stimolata la paura presentando notizie di pericolo ripetute e costanti. Pericoli che spesso, come abbiamo visto sono ideologici, ad esempio anche “uno stato inefficiente e pieno di burocrazia, democratico dove ogni idea viene discussa e poche azioni prese” può essere propinato come un possibile pericolo, oppure “il pericolo di essere stuprati dai rumeni”, oppure “il pericolo di diventare poveri” ecc..

Quando la paura è diffusa e la massa desidera un’azione protettiva del leader e richiede uno stato forte, allora il leader si fa avanti con determinatezza e ordina l’azione.



UNICO SCOPO: IL POTERE

La realizzazione di alcuni dei punti elencati permettono il controllo sui grandi gruppi democratici e l’instaurazione di un regime. Più ogni singolo fattore viene rafforzato, più di acquisisce consenso, e più si rafforzano esponenzialmente tutti gli altri punti. Si può cosi ottenere il consenso che in democrazia determina il potere politico/economico che permetterà, a sua volta di rafforzare sempre di più tutti i fattori ancora deboli, fino a poter accentrare continuamente i poteri, cambiare in maniera sempre più autonoma le leggi stesse, per favorire così i propri interessi diretti e indiretti e acquisire ancora potere, arrivare a controllare la magistratura ed esserne immune, fino a rivedere la costituzione tagliando fuori dal gioco decisionale la ragione e l’intelletto dei cittadini.

"Le masse non si avvedono di essere terrorizzate spiritualmente e private della libertà e ammirano solo la forza, la brutalità e i suoi scopi, disposti a sottomettersi. Capiscono a fatica e lentamente, mentre dimenticano con facilità. Pertanto la propaganda efficace deve limitarsi a poche parole d'ordine martellate ininterrottamente finché entrino in quelle teste e vi si fissano saldamente. Si è parlato bene quando anche il meno recettivo ha capito e ha imparato..” Hitler - Mein Kampf.

giovedì, giugno 04, 2009

Mentre in Italia un satiro-premier ci costringe a parlare di gossip un gigantesco Obama fa la storia



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Obama, il linguaggio del cuore
di VITTORIO ZUCCONI

Nelle terre del "libro", dunque nella culla del Verbo, il nuovo presidente americano si affida proprio alla forza della parola per fare quello che nessuno prima di lui è riuscito a fare, toccare i cuori e le menti del mondo arabo.

È ovvio dire che dopo otto anni di Bush, mentre sono ancora in corso due guerre d'occupazione in nazioni musulmane, la sua impresa è proibitiva, e che le aspettative per il suo discorso in quella università del Cairo da mille anni centro del mondo sunnita, sono troppo grandi perché non producano delusioni. Già la voce spettrale di Osama bin Laden si è alzata per svuotare ed esorcizzare la sua presenza in Egitto, segnando le sue controparole di condanna e di odio con l'assassinio rituale di un diplomatico inglese rapito in Mali, e avvertendo che "l'America raccoglierà i frutti dell'odio che semina". Ci sono quasi 100 anni di storia, dalla dichiarazione di lord Balfour che fece la prima spartizione arbitraria e insensata della regione nel 1916 a dimostrare che nessuno ha mai trovato - o voluto trovare - la chiave per aprire la porta della pace. Chi osò farlo, come Ytzhak Rabin o Anwar Sadat proprio al Cairo, pagò con la propria vita.

Ma nessuno prima di questo presidente americano aveva portato nella terra del Verbo e del Libro la novità preoccupante di una persona e di una storia che sta, come dimostra la bordata preventiva lanciata da una preoccupatissima al Qaeda in ben due messaggi, sparigliando le carte dei luoghi comuni. Un capo di stato occidentale e genericamente "cristiano" con il suo viso, con un nome come Hussein, la "piazza araba" non lo aveva mai visto. E su questo lui apertamente punta, ostentando in tutte le interviste e le dichiarazioni quei legami familiari con il mondo islamico e quel nome, che durante la campagna elettorale aveva cercato di minimizzare o nascondere.

Così sensazionale è la novità dell'uomo che parla un linguaggio diverso prima ancora di aprire bocca, che persino il teorico più arcigno della missione provvidenziale della forza americana, Paul Wolfowitz, ha dovuto riconoscere che "la maggioranza nel mondo musulmano riconosce il risultato che lui rappresenta". Una maggioranza che non si traduce ancora in un atteggiamento diverso nei confronti degli Stati Uniti, visti da tre quarti dei musulmani come un avversario, se non come il demonio che insidia l'esistenza stessa della cultura dell'Islam.

Qui sta la parte più facile di questa "missione della parola" che Barack cercherà di compiere oggi nell'università di al-Azhar al Cairo semplicemente usando un linguaggio diverso e dicendo ciò che anche Bush ripeteva nei discorsi, ma smentiva nelle azioni. Il suo sarà un cambio culturale, prima che politico, e un ritorno al pensiero, prima dell'azione. L'America non è la nemica dell'Islam; ogni disarmo verbale e culturale deve partire dall'affermazione del reciproco rispetto; il concetto stesso di "scontro di civiltà" è un nonsenso ideologico perché presuppone l'esistenza di due inconciliabili monoliti da un miliardo di cloni per parte.
In questo, la missione sarà un successo, ma non potrà essere un successo troppo grande perché il rischio che correrà il presidente non è quello di non essere preso sul serio. È quello di essere semmai preso troppo sul serio e quindi chiamato a tradurre in pratica il verbo e il messaggio nei confronti di quei regimi arabi che sono lo strumento di oppressione e di arretratezza che alimenta la fuga verso fondamentalismo religioso. Ci saranno infatti due pubblici arabi opposti che lo ascolteranno: quello delle strade, che rispondono disciplinatamente alle tv di stato che la questione palestinese è la ferita che li offende. Ma che, se fossero padroni di rispondere, come disse il direttore della network al-Arabya, direbbero invece che sono la loro vita quotidiana, il futuro dei figli, la loro condizione frustrante a essere in cima alle preoccupazioni. E ci saranno le orecchie tese dei governanti, dalla Siria all'Egitto, dall'Arabia Saudita all'Iran alla Libia, che vivono nel timore proprio di quella piazza araba, tenuta al guinzaglio corto e zittita.
Il vero problema impossibile di Obama non è, non ancora, il negoziato fra Israele e i palestinesi. È quello di rassicurare i despoti arabi dei quali ha bisogno, accendendo contemporaneamente l'entusiasmo e la fiducia delle piazze per questa nuova America. Dunque accendere il fuoco della speranza sotto la pentola senza far saltare il coperchio dei regimi dei quali ha bisogno, per le trattative con Israele e per il petrolio. Tutto sotto lo sguardo degli americani, a casa - il suo terzo pubblico e alla fine quello principale - che non amano l'idea di un presidente troppo filo islamico. Tre miracoli contraddittori fra loro, che soltanto un uomo dotato di enorme fede nel proprio verbo può sperare di compiere.

Vittorio Zuccni

mercoledì, aprile 08, 2009

Rivoluzioni in vista?


Come spesso accade non condivido tutto quello che dice Massimo Fini e nell'articolo, sotto inserito, ci sono dei punti in cui dissento. I "media" sono sempre esistiti, solamente non erano di "massa". Solo la scienza e la tecnologia, sua figlia, (tanto vituperata da Fini) ha permesso e permetterà sempre più di diffondere conoscenza e informazioni a livello capillare nel globo. Tutto ciò accellererà trasformazioni sociali ed economiche e provocherà sicuramente problemi. Io preferisco questi problemi a quelli derivati dalla staticità delle forme dei poteri costituiti da ormai troppo tempo.
Ci sarnno rivoluzioni? Spero di si, spero solo che non siano sanguinose come quelle in passato. Più della metà della popolazione mondiale soffre, è denutrita ed è sfruttata. Appena avranno notizie che il resto dell'umanità fa le diete e consuma antidepressivi perchè non sa come passare il tempo... penso che s'incazzerà un pochettino, non credete?

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DISTRUGGIAMO I MEDIA

Io credo che se si farà ancora una Rivoluzione in Occidente non sarà contro le classi politiche, i governi, la finanza, le Banche. Sarà contro i Media. Contro i mezzi di informazione di massa. Non intendo qui la cattiva informazione, ma l'informazione "tout court", l'informazione in quanto tale. La parola (e ancor più l'immagine) è diventata una barriera fra noi e la vita. L'occhio che doveva aprirci il mondo ci ha, in realtà, rinchiusi in casa ridotti in cattività. E questo vale per tutto il sistema dei media, nelle dimensioni gigantesche che è venuto via via assumendo, per la TV, per Internet, per le e-mail, per gli sms, per i cellulari, per l'i-pod, per la radio, per la carta stampata. Noi viviamo sempre più di resoconti e sempre meno in prima persona. Sempre più nel virtuale e sempre meno nel reale. L'informazione non fa solo da incessante e intollerabile sottofondo alle nostre vite, se ne è impossessata. Il mondo virtuale che ci siamo costruiti ha un grande, anche se apparente, vantaggio su quello reale. Esclude, proprio perché tale, la sofferenza e il dolore. Le emozioni, i sentimenti e anche le passioni che può suscitare sono pure esse virtuali. Le lacrime che versiamo nel virtuale pur essendo vere sono finte. Perché non ci implicano realmente. Sono quel tipo di lacrime che generazioni di donne hanno versato vedendo Via col Vento e immedesimandosi in Rossella O'Hara ma guardandosi bene dal diventare Rossella O'Hara. L'eliminazione del dolore e della sofferenza dalla vita la facilitano, annullandola. Non è più la vita ma la sua parodia. Il problema, dicevo, è nell'informazione in quanto tale. Non però nella sua essenza, ma nella quantità, nelle dimensioni che è venuta assumendo fino a schiacciare, soffocare la vita reale che, certo, c'è ancora ma ha un posto sempre più marginale di fronte alla sproporzione dei media. "Ciò che non fa notizia non esiste" lo si è detto tante volte. Nel mondo delle comunicazioni di massa, nel mondo della rappresentazione è la realtà ad essere diventata irreale. Come sempre, come in tutta la storia della tecnica quando si fa di massa, siamo vittime di un meccanismo che noi stessi abbiamo creato. Sicuramente c'è stata una fase iniziale in cui l'uomo era in grado di controllare i media e di utilizzarli ai propri fini. Ma poi impercettibilmente il rapporto ha cominciato a invertirsi, i mezzi di comunicazione a rafforzarsi nella misura in cui l'uomo abbassava di fronte ad essi (e a causa di essi, qui sta l'infernalità del meccanismo) le proprie difese in un sinistro processo sinergico che, lento all'inizio, è diventato sempre più vorticoso. Come la palla di neve, innocua e graziosa in partenza, prende forza man mano che scende verso valle fino a diventare valanga inarrestabile, così il potere dei media, e in generale della tecnica, di cui l'informazione è un prodotto, forse il più raffinato, certamente il più insidioso, nutrendosi lungo il suo percorso di menti sempre più indebolite e incapaci di resistergli, ha preso dimensioni sempre più mostruose ed è diventato totalitario e assoluto. Il mezzo si è fatto fine, il servo padrone (è quello che è successo anche con un'altra raffinata invenzione umana, il denaro).

“...ma internet

ci deve servire per cominciare ad intaccare

la filiera

dei media sino

a distruggerla, distruggendo,

a processo

concluso,

anche

Internet.”

E tutto questo è avvenuto in modo naturale, com'è naturale una valanga. Nessuna diabolica mente, nessuna Spectre, ha pianificato di sottomettere, attraverso il gigantismo dei media, l'uomo per meglio servirsene. È stato l'uomo a mettersi in trappola da solo. Ad assoggettare l'uomo sono stati proprio gli strumenti che aveva creato per emanciparsi, per potenziarsi, per liberarsi. La ricerca della conoscenza, per un estremo paradosso che sempre segue le vicende umane, ha alla fine ucciso la conoscenza, mentre, in contemporanea, la razionalità della tecnica snervava e indeboliva l'uomo, ne annullava il carattere, gli istinti, la vitalità riducendolo a una poltiglia indistinta. Media e tecnica, insieme, ci hanno sottratto la vita. Il primo passo per invertire il percorso è la distruzione del potere dei media. Non sarà una rivolta di classe, ma una rivolta della poltiglia appena avrà ripreso un minimo di coscienza di sé. Qualcuno, soprattutto fra i lettori de La Voce del Ribelle, che sono prevalentemente giovani, obietterà che proprio Internet, uno dei più sofisticati strumenti della tecnologia dell'informazione, è un mezzo indispensabile per questa presa di coscienza e quindi per la ribellione. È vero. Il movimento No Global è nato proprio grazie a Internet (anche se si è trasformato quasi subito, a causa della grancassa del sistema complessivo dei media, in New Global, cioè nella solita esportazione nell'universo mondo del modello di sviluppo occidentale, informazione compresa, solo un poco più umanizzato). Ma internet ci deve servire per cominciare ad intaccare la filiera dei media sino a distruggerla, distruggendo, a processo concluso, anche Internet. Per ritornare ad essere uomini e non spettatori. Finalmente liberi. Di nuovo vivi.

Massimo Fini