mercoledì, aprile 08, 2009

Rivoluzioni in vista?


Come spesso accade non condivido tutto quello che dice Massimo Fini e nell'articolo, sotto inserito, ci sono dei punti in cui dissento. I "media" sono sempre esistiti, solamente non erano di "massa". Solo la scienza e la tecnologia, sua figlia, (tanto vituperata da Fini) ha permesso e permetterà sempre più di diffondere conoscenza e informazioni a livello capillare nel globo. Tutto ciò accellererà trasformazioni sociali ed economiche e provocherà sicuramente problemi. Io preferisco questi problemi a quelli derivati dalla staticità delle forme dei poteri costituiti da ormai troppo tempo.
Ci sarnno rivoluzioni? Spero di si, spero solo che non siano sanguinose come quelle in passato. Più della metà della popolazione mondiale soffre, è denutrita ed è sfruttata. Appena avranno notizie che il resto dell'umanità fa le diete e consuma antidepressivi perchè non sa come passare il tempo... penso che s'incazzerà un pochettino, non credete?

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DISTRUGGIAMO I MEDIA

Io credo che se si farà ancora una Rivoluzione in Occidente non sarà contro le classi politiche, i governi, la finanza, le Banche. Sarà contro i Media. Contro i mezzi di informazione di massa. Non intendo qui la cattiva informazione, ma l'informazione "tout court", l'informazione in quanto tale. La parola (e ancor più l'immagine) è diventata una barriera fra noi e la vita. L'occhio che doveva aprirci il mondo ci ha, in realtà, rinchiusi in casa ridotti in cattività. E questo vale per tutto il sistema dei media, nelle dimensioni gigantesche che è venuto via via assumendo, per la TV, per Internet, per le e-mail, per gli sms, per i cellulari, per l'i-pod, per la radio, per la carta stampata. Noi viviamo sempre più di resoconti e sempre meno in prima persona. Sempre più nel virtuale e sempre meno nel reale. L'informazione non fa solo da incessante e intollerabile sottofondo alle nostre vite, se ne è impossessata. Il mondo virtuale che ci siamo costruiti ha un grande, anche se apparente, vantaggio su quello reale. Esclude, proprio perché tale, la sofferenza e il dolore. Le emozioni, i sentimenti e anche le passioni che può suscitare sono pure esse virtuali. Le lacrime che versiamo nel virtuale pur essendo vere sono finte. Perché non ci implicano realmente. Sono quel tipo di lacrime che generazioni di donne hanno versato vedendo Via col Vento e immedesimandosi in Rossella O'Hara ma guardandosi bene dal diventare Rossella O'Hara. L'eliminazione del dolore e della sofferenza dalla vita la facilitano, annullandola. Non è più la vita ma la sua parodia. Il problema, dicevo, è nell'informazione in quanto tale. Non però nella sua essenza, ma nella quantità, nelle dimensioni che è venuta assumendo fino a schiacciare, soffocare la vita reale che, certo, c'è ancora ma ha un posto sempre più marginale di fronte alla sproporzione dei media. "Ciò che non fa notizia non esiste" lo si è detto tante volte. Nel mondo delle comunicazioni di massa, nel mondo della rappresentazione è la realtà ad essere diventata irreale. Come sempre, come in tutta la storia della tecnica quando si fa di massa, siamo vittime di un meccanismo che noi stessi abbiamo creato. Sicuramente c'è stata una fase iniziale in cui l'uomo era in grado di controllare i media e di utilizzarli ai propri fini. Ma poi impercettibilmente il rapporto ha cominciato a invertirsi, i mezzi di comunicazione a rafforzarsi nella misura in cui l'uomo abbassava di fronte ad essi (e a causa di essi, qui sta l'infernalità del meccanismo) le proprie difese in un sinistro processo sinergico che, lento all'inizio, è diventato sempre più vorticoso. Come la palla di neve, innocua e graziosa in partenza, prende forza man mano che scende verso valle fino a diventare valanga inarrestabile, così il potere dei media, e in generale della tecnica, di cui l'informazione è un prodotto, forse il più raffinato, certamente il più insidioso, nutrendosi lungo il suo percorso di menti sempre più indebolite e incapaci di resistergli, ha preso dimensioni sempre più mostruose ed è diventato totalitario e assoluto. Il mezzo si è fatto fine, il servo padrone (è quello che è successo anche con un'altra raffinata invenzione umana, il denaro).

“...ma internet

ci deve servire per cominciare ad intaccare

la filiera

dei media sino

a distruggerla, distruggendo,

a processo

concluso,

anche

Internet.”

E tutto questo è avvenuto in modo naturale, com'è naturale una valanga. Nessuna diabolica mente, nessuna Spectre, ha pianificato di sottomettere, attraverso il gigantismo dei media, l'uomo per meglio servirsene. È stato l'uomo a mettersi in trappola da solo. Ad assoggettare l'uomo sono stati proprio gli strumenti che aveva creato per emanciparsi, per potenziarsi, per liberarsi. La ricerca della conoscenza, per un estremo paradosso che sempre segue le vicende umane, ha alla fine ucciso la conoscenza, mentre, in contemporanea, la razionalità della tecnica snervava e indeboliva l'uomo, ne annullava il carattere, gli istinti, la vitalità riducendolo a una poltiglia indistinta. Media e tecnica, insieme, ci hanno sottratto la vita. Il primo passo per invertire il percorso è la distruzione del potere dei media. Non sarà una rivolta di classe, ma una rivolta della poltiglia appena avrà ripreso un minimo di coscienza di sé. Qualcuno, soprattutto fra i lettori de La Voce del Ribelle, che sono prevalentemente giovani, obietterà che proprio Internet, uno dei più sofisticati strumenti della tecnologia dell'informazione, è un mezzo indispensabile per questa presa di coscienza e quindi per la ribellione. È vero. Il movimento No Global è nato proprio grazie a Internet (anche se si è trasformato quasi subito, a causa della grancassa del sistema complessivo dei media, in New Global, cioè nella solita esportazione nell'universo mondo del modello di sviluppo occidentale, informazione compresa, solo un poco più umanizzato). Ma internet ci deve servire per cominciare ad intaccare la filiera dei media sino a distruggerla, distruggendo, a processo concluso, anche Internet. Per ritornare ad essere uomini e non spettatori. Finalmente liberi. Di nuovo vivi.

Massimo Fini

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